lunedì 26 febbraio 2007

JR & B-16


(sabato 3 febbraio 2007, copyright Ore Piccole)


Nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il Nostro Salvatore Gesù Cristo a liberarmi da questa misera vita e possibilmente anche dal dottorato di ricerca, mi trascino con l’anima ferita e il corpo dolorante attraverso le incombenze quotidiane. Unica consolazione settimanale, eccezion fatta per cosacce delle quali è meglio non riferire pubblicamente, sono per me le parole che il Papa, ogni domenica alle 12, pronunzia dalla finestra del proprio studio; trovo consolante infatti che un vecchio e saggio sacerdote, con immarcescibile costanza, di settimana in settimana diventi un uomo che parla agli uomini; e trovo ancor più consolante, e anzi conferma della consolazione precedente, che le parole del vecchio e saggio sacerdote diventino materia di discussione su un livello molto più alto e più profondo al contempo di quella che sarebbe causata da gesti magari più eclatanti delle parole, mediaticamente studiati in favore di telecamera.
Ratzinger è un Papa di parole e per questo lo sento vicino a me; Ratzinger è un Papa di parole che altre parole inevitabilmente genera. Se c’è una cosa che l’anonimo (e già apprezzato qualche mese fa) libellista dell’ISBN deve riconoscere a Ratzinger, è che nel breve volgere di una stagione gli ha fornito nuovo materiale di discussione. Così a Contro Ratzinger si è aggiunto Contro Ratzinger 2.0: scontro di civiltà e altre sciocchezze; cosa che sarebbe stata impossibile con un Papa che si fosse tenuto su termini vaghi o che peggio ancora parlasse soltanto per cercare l’applauso. Il compito del teologo, e del Papa primo fra tutti, è al contrario quello di cercare la marcatura dei confini, il punto di rottura, il qui-e-non-oltre insindacabile; il compito di chi ascolta il Papa è capirlo, riflettere, soppesare, trarne conclusioni. Ossia la cosa identica che facciamo, con risultati felicemente opposti, io e l’anonimo dell’ISBN.
Ho preso un impegno con me stesso: ci sono mille cose da dire ma questa recensione non dev’esser più lunga del libello che recensisce, anche per non farmi fare la fine di Sainte-Beuve che litigò con tutti i suoi contemporanei. Questo mi mette in notevole svantaggio nella disputa, visto che la ISBN ha concepito Contro Ratzinger 2.0 come - testualmente - un upgrade del candido volume precedentemente edito (con tanto di linguetta adesiva per attaccarlo sul retro del predecessore): e quindi si tratta di un libello agilissimo, quasi diafano, ma non per questo inconsistente. Un pamphlet, come nelle intenzioni dell’anonimo. Io, che sono baroccamente controriformistico e mai abituato alla necessaria brevità, dovrò pertanto proporzionarmi a queste dimensioni lillipuziane (però costa tanto, amici dell’ISBN, se facciamo una proporzione col volume originario: sei euro e ottanta, più di dieci centesimi a pagina; potenzialmente questo allontana dall’acquisto i possessori del primo volume e tanto meno favorisce chi tramite il volumetto smilzo volesse avvicinarsi alla disputa sulla vera fede); io, che provo un sotterraneo piacere nell’assistere al sovvertimento delle gerarchie per la manutenzione delle quali io stesso nel mio piccolo combatto, potrei dunque essere costretto ad apocalittizzare i toni per evitare la lungaggine delle sottigliezze. Premesso questo, amici dell’ISBN, amico anonimo - appunto, premesso questo, amici come prima, e spero anche di più.
Il volumetto si articola in cinque momenti: i primi tre riguardano il celebre discorso di Ratisbona (quello dopo il quale tutto l’Islam insorse contro Manuele II Paleologo, coraggiosamente incurante che questi fosse crepato da quasi sei secoli), una la contrapposizione fra monoteismo e politeismo, l’ultima la recrudescenza bigotta del cesaropapismo grafico-editoriale. Poiché nessun libro nasce vergine, non ho potuto fare a meno di considerare Contro Ratzinger 2.0 sia tenendo presente il suo brillante predecessore, sia circondandolo dei libri che ho avuto per le mani nello stesso periodo.
Il brillante predecessore, Contro Ratzinger e basta, è funzionale al contenuto, e paradossalmente può essere il peggior nemico di Contro Ratzinger 2.0. Ancor più paradossalmente, sarebbe stato meglio leggere prima il secondo e poi il primo (se non l’avete ancora fatto provate così, vi piacerà di più) in quanto il 2.0 sembra limitarsi a un problema snocciolato - quello dei rapporti fra Islam e Cattolicesimo così come apparvero nel discorso di Ratisbona - e sembra soprattutto voler esaminare le correnti profonde di un oceano innavigabile limitandosi a dare un’occhiata alla schiuma in superficie. Colpa dell’anonimo? Colpa delle sessanta paginette? No, colpa di nessuno perché si tratta di un processo che ritengo voluto: per evidenziare come nei primi capoversi del discorsone ratisbone si annidino addirittura un errore, una dimenticanza, un insulto e un pregiudizio - e per mostrare che invece la sua critica riesce ad andare più in profondità - l’anonimo deve diabolicamente tener presente soltanto la panna montata (il giudizio tranchant sull’Islam) evitando di menzionare il gelato (i decenni di dottrina che sostengono il Ratzinger-pensiero) e il cono (i secoli di teologia ai quali la dottrina di Ratzinger si appella); altrimenti non sarebbe stato un pamphlet ma la Medulla Theologiae Moralis. Sarò arrabbiato col mio (virtuale) amico anonimo per così poco? No, tanto più perché intuisco benissimo che ha voluto riprendere un procedimento di diminuzione e discredito dei contenuti del sacro avversario tipico dell’esegesi iconoclasta del XVIII secolo - faccio un esempio: il Vangelo racconta che Gesù secca un fico perché non dà frutto; immediatamente dopo Gesù giustifica quest’azione con un’interpretazione simbolica ragionevole; l’esegeta illuminista riferisce l’episodio omettendo quest’interpretazione e dando l’idea di un Gesù isterico che ce l’aveva coi fichi senza motivo plausibile.
Qui sono entrati in gioco i libri che m’è capitato di usare intorno a Contro Ratzinger 2.0, e che sono funzionali alla forma. All’atto della lettura, stavo scrivendo infatti un patetico tentativo di dimostrare che nel Dizionario Filosofico Voltaire sostiene l’esatto contrario di quello che ha effettivamente scritto; e la rispondenza stilistica fra due testi così distanti è stata lampante di primo acchito. Della pamphlettistica settecentesca (di cui Voltaire è il campione indiscusso), l’anonimo ha saputo riproporre la varieganza (lo dice Bonolis, lo dico anch’io) stilistica da contrapporre alla monolitica, gerarchica e rituale dossografia ecclesiastica. E così l’anonimo approfitta della versatilità grafica dell’ISBN per trasformare il discorso di Ratisbona in un tema su mezza pagina di quaderno a righi, completo di segni di lapis, correzioni e interpolazioni professorali; riproduce (in carattere Arial, parrebbe) l’e-corrispondenza intercorsa fra il Papa e i capi delle grandi religioni monoteiste mondiali (grandayatollah@sistani.org, vedete se vi risponde qualcuno); fotografa il Cardinal Bertone - nuovo segretario di stato vaticano - di fianco a un Uomo Vitruviano senza palle; auto-intercetta e trascrive una delirante telefonata anatomica a un’ansiosa signorina; ripropone la guerra grafica fra la ISBN e il comune di Roma (amministrato dal socialdemocratico Veltroni, eh, non dal barone Scarpia) sulle dimensioni della pubblicità di Contro Ratzinger; e così via.
È questa dimensione del bizzarro sorridente la cifra di Contro Ratzinger 2.0; le risate a denti stretti che riesce a strappare hanno il triplice scopo di divertire il lettore (nella fattispecie me, dopo un’intera giornata dedicata a compulsare il catalogo della biblioteca di Voltaire per poi scoprire che era inutile), di distrarlo dal fulcro dottrinale del pamphlet, meno centrato del precedente, e anche di intenerirlo ed evitare che rimarchi qualche errore dettato dalla troppa foga iconoclasta. Tanto per dire, l’anonimo cita l’infallibilità fingendo di non sapere che si applica soltanto ai dogmi pronunziati ex cathedra, e che non mette al riparo dalla confusione di date o di nomi, tutt’altro: chissà se ha notato, l’anonimo, come un paio di domeniche fa il Papa abbia sbagliato a recitare l’Angelus, per poi correggersi. Capita: mica per niente è un vecchio sacerdote, è un uomo che parla agli uomini; mica per niente mi consola.All’anonimo dell’ISBN queste malizie vengono perdonate facilmente, tuttavia, non solo perché è simpatico e ci diporta, né perché a pranzo ho abbondato col vino rosso, che non a caso è parte integrante dell’Eucaristia (si veda l’editoriale di Camillo Langone sulla prima pagina del Foglio di oggi). Perdono agevolmente per via di una citazione che Sciascia prese in prestito da I Teologi di Borges: Aureliano conversò con Dio; Questi si interessa così poco di controversie religiose che lo scambiò per Giovanni di Pannonia. Ma questo indurrebbe a sospettare una confusione nella mente divina. È più esatto dire che nel Paradiso Aureliano seppe che per l’insondabile divinità egli e Giovanni di Pannonia (l’ortodosso e l’eretico, l’aborritore e l’aborrito, l’accusatore e la vittima) erano la stessa persona. Ecco, non vorrei arrabbiarmi con l’anonimo per poi scoprire all’inferno che magari l’anonimo sono io.

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