venerdì 21 settembre 2007

L'uomo e il lavoratore 2

I colloqui di lavoro sono come i bicchieri di Martini: uno va bene, due sono troppi, tre non sono mai sufficienti. Ribadendo il concetto che il lavoro non si trova quindi è inutile cercarlo (caso mai può capitare che lui trovi voi), alla lista delle sette possibili agenzie interinali bisogna aggiungere per lo meno tre tipi di aziende pronte a esaminare i curriculum dei candidati.

Azienda Invertita: avviene che l’esaminatrice, demandata al colloquio con il candidato che per convenzione chiameremo Gurrado, sia lievemente nervosa e che pertanto, di fronte al candidato, inizi a barcollare sulla sedia. E fin qui, niente di male. Poi inizia a torcersi le dita. E fin qui, niente di male. Poi inizia a fare parossistici occhiolini, dovuti più a un tic che al desiderio di trascinarsi Gurrado sotto la scrivania. E fin qui, insomma. Ma quando, incalzata dalla baldanza di Gurrado che non contento di darle risposte convincenti inizia a farle domande difficili, tramortita dalla sfilza di questioni che le vengono poste e obbligata a rifugiarsi nell’autobiografia iniziando a spiegare balbettando a Gurrado chi è lei e com’è arrivata a occupare il posto che occupa – in quell’istante le squilla il telefono e il suo capo, dall’altra scrivania, le ricorda che il colloquio lo sta facendo lei a Gurrado, e non Gurrado a lei. Gurrado non verrà assunto, lei verrà licenziata.

Azienda Radical Chic: avviene che l’esaminatrice propone ai candidati (sette ochette più un candidato bellissimo che per convenzione chiameremo Gurrado) di fingere di essere altrettanti caporedattori di una nuova rivista di sinistra progressista chiamata a riunirsi senza direttore per decidere le linee editoriali. Curiosamente, l’azienda non ha nulla a che spartire né con i giornali né con la sinistra progressista. A Gurrado, se vogliamo chiamarlo così, è stato assegnato il ruolo di caporedattore della cultura, e nonostante le apparenze barbute il gioco prevede che per tre quarti d’ora lo si chiami Lucia. In compenso le sette ochette si chiamano Maurizio o giù di lì. Scopo del gioco è che nel giro di tre quarti d’ora di riunione redazionale farlocca ogni giocatore ottenga un numero di pagine uguale a tre. Ovviamente, moltiplicate per otto, le tre pagine ciascuno superano il limite massimo della foliazione, quindi non tutti possono venire accontentati. Accade che le sette ochette si mettano a discettare su come debba essere un giornale di sinistra, litigando furiosamente fra di loro pur senza smettere di sorridersi con gran faccia da culo. Alla fine della riunione s’è deciso soltanto che a Gurrado spettano tre pagine; se ne deduce che le sette ochette sono maschiliste.

Azienda Pickwick: avviene che la segretaria, che per convenzione chiameremo segretaria, faccia accomodare nell’anticamera il candidato gurradesco inusitatamente elegante, specificando che l’esaminatore è estremamente impegnato. Circa dodici secondi dopo, la segretaria fa accomodare Gurrado nello studio dell’esaminatore, il quale sembra appena risvegliarsi dal letargo, e tace. Gurrado si presenta. L’esaminatore tace. Gurrado si accomoda. L’esaminatore tace. Gurrado guarda l’esaminatore che legge il suo (di Gurrado) curriculum, tacendo. A un certo punto, circa tre o quattro minuti dopo l’ingresso di Gurrado, l’esaminatore gli chiede a bruciapelo: “Pavia?” Gurrado risponde di sì senza cercare di ricostruire la domanda. L’esaminatore tace. Gurrado tace. L’esaminatore guarda l’orologio. Nell’istante in cui Gurrado si distrae, l’esaminatore gli chiede di rimando: “Modena?” Gurrado risponde nuovamente di sì. Al che l’esaminatore pronunzia quello che resterà l’unico giudizio compiuto dell’intero colloquio, benché tautologico: “Modena è Modena.” Gurrado acconsente. L’esaminatore tace per cinque minuti. Gurrado abbozza un sorriso ma lo spegne subito. L’esaminatore si sporge sulla scrivania e fa un lungo discorso che ricalca, per struttura e contenuto, quelli tenuti dall’anonimo viaggiatore col cappotto verde de Il Circolo Pickwick, al quale Dickens metteva in bocca ragionamenti sommari del tipo: “Ragazze inglesi meno belle delle spagnole – creature nobili – capelli corvini – occhi neri – forme gradevoli – creature dolci – bellissime”. Parimenti, l’esaminatore evita con cura ogni possibile tipo di predicato verbale. Gurrado assente ruffianamente. Poi l’esaminatore tace. Gurrado avanza una risposta di cortesia che si spegne nell’indifferenza dell’esaminatore. L’esaminatore pronunzia tredici sostantivi a casaccio. Gurrado tace. L’esaminatore tace. La segretaria fa la segretaria. Modena è Modena. A un certo punto Gurrado dice: “Va bene.” L’esaminatore tace. Gurrado si alza. L’esaminatore tace. Gurrado porge la mano. L’esaminatore tace. Gurrado se ne va. L’esaminatore tace. Gurrado esce. La segretaria lo saluta. Gurrado tace.

Samuel Beckett avrebbe pagato per scriverla lui, questa.

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