venerdì 29 agosto 2008

Domani accadrà

Ora che ha un allenatore, l’Inter può giocarsi sul serio la Champions League. José Mourinho, lo Specialone, ha una certa confidenza col trofeo e con le vittorie in generale: nel 2003 allenava il Porto e vinse campionato portoghese (vabbe’) e Coppa Uefa; l’anno dopo rivinse il campionato e appunto la Champions League; nel 2005 fece vincere la Premiership al Chelsea che ne aveva vinta una sola cinquant’anni prima; nel 2006, tanto per, la rivinse; nel 2007 arrivò secondo in campionato ma vinse la FA Cup, che è non solo più bella ma fors’anche più importante. Notoriamente pensa innanzitutto alla difesa, che è il fondamento di qualsiasi vittoria, le sue squadre prendono pochi goal e lui sa benissimo che, con l’attacco che si ritrova, prima o poi segnare segna. A differenza di Mancini non finge di dare indicazioni alla squadra durante la partita, sbracciandosi per venire ripreso da telecamere compiacenti; ai calciatori spiega tutto prima, poi resta seduto e aspetta; quando fa entrare un sostituto, due volte su tre si rivela decisivo per l’andamento della gara. Domandina facile facile: se l’Inter ha già vinto lo scudetto con in panchina un agitato indossatore, lo rivincerà a maggior ragione quest’altr’anno? Risposta complicata: non credo, sia perché tutte le energie della squadra e della società saranno concentrate sull’Europa (e l’Europa è una sanguisuga che in Italia toglie punti e sicurezza), sia perché la squadra è pressoché identica all’anno scorso e presumibilmente sazia di scudetti veri o presunti, sia perché le squadre di Mourinho passano alla storia come squadre di Mourinho – nel senso che in campo non vuole eroi, vuole comprimari – e a occhio e croce questo mal suonerà alle dive orecchie di, ad esempio, Ibrahimovic. Chi ha visto la Supercoppa domenica scorsa si sarà accorto degli urlacci con cui lo Specialone richiamava Ibrahimovic in difesa, per liberare sui calci d’angolo avversari; e conoscendo Ibrahimovic, prima o poi fingerà di non aver sentito e sarà la fine.

Sempre la Supercoppa ci ha rivelato – dietro il concitato paravento dei quattro goal – che non è tanto l’Inter a essersi rafforzata quest’estate, quanto la Roma a essersi indebolita. Sarà che Totti non c’era, sarà che De Rossi è già stanco, sarà che Aquilani preferirebbe essere altrove ma la rapida creazione di gioco nella quale eccelleva s’è trasformata in tristo melinare in attesa di venir presa a ceffoni. Non mi preoccupa tanto la partenza di Amantino Mancini quanto l’arrivo di Julio Baptista: c’era bisogno di una punta centrale e domenica Baptista, inizialmente schierato al centro, s’è riscattato solo quando è passato sul lato della tre quarti, dove c’è già fin troppa abbondanza. Siamo punto e a capo? In più, a pelle, nello spogliatoio mi sembra diffusa la sensazione che l’anno buono fosse quello scorso e che il treno sia già passato. Non mi sorprenderebbe che la Roma lottasse massimo per il quarto posto, acchiappandolo per un pelo o finendo magari subito sotto.

Se il calcio conserva un briciolo di razionalità, la Juventus dovrebbe ristabilire l’ordine costituito e vincere il suo trentesimo scudetto, il ventottesimo per Guido Rossi. Ha un parco attaccanti imponente e soprattutto ben integrato, in cui è possibile ogni combinazione fra i quattro titolari (Trezeguet-Del Piero, Del Piero-Amauri, Amauri-Iaquinta, Iaquinta-Trezeguet, etc.), come in un continuo gioco del domino. L’agognata Champions League e gli inevitabili infortuni stabiliranno di volta in volta le gerarchie. Il vero grande acquisto, decisivo per imporre il proprio ritmo al campionato, è sicuramente Poulsen: simpatico non sarà, ma corre per tre, lancia con sorprendente precisione e insieme a Sissoko forma una mediana titolare difficilmente scavalcabile. Qualora dovesse avvenire, dietro ci sono l’ottimo Chiellini e Legrottaglie tornato a mantenere le promesse di qualche anno fa. Casomai, ancora dietro c’è Gigi Buffon – basta la parola.

Con Inzaghi, Ronaldinho e Shevchenko il Milan è indiscutibilmente il grande favorito per lo scudetto del 2002. Di là dalla facezia che il mio milanismo masochista inevitabilmente m’impone, nottetempo penso con terrore alla sindrome da Harlem Globetrotters che prima o poi s’impadronirà di un attacco formato da Seedorf, Kakà, Ronaldinho, Shevchenko, Pato, Inzaghi e Borriello (e in difesa chi sta? Jankulowski?). Mi addormento solo con la magra consolazione che non c’è da rivincere la Coppa dei Campioni, e quindi si potranno concentrare le energie di tre Palloni d’oro passati e un paio futuri esclusivamente sul campionato. Mi piacerebbe vincere finalmente la Coppa Uefa, ma temo che verrà considerata per lo più un dente da cavarsi quanto prima, facendosi eliminare da qualche imbarazzante squadra rumena subito dopo la ridicola fase a gironcini.

Tutti si aspettano un gran bene dalla Fiorentina, e ciò è più che sufficiente a candidarla al ruolo di grande delusione del campionato. Mi intriga Felipe Melo, mentre la coppia Mutu-Gilardino potrebbe metterci un po’ a ingranare (notoriamente, Gilardino si astiene religiosamente dal segnare nelle prime sei-sette giornate, questo anche quand’era in auge a Parma). La piazza è impaziente e la Champions League, come sempre, sarà spietata nel levar punti alle sue frequentatrici d'eccezione (controprova le recenti magre figure negli ultimi campionati di Lazio, Chievo e Udinese in versione europea). La Lazio sembra quadrata, e quest’anno addirittura dotata di portiere: il quarto posto non dovrebbe sfuggirle. Mi entusiasmano il Genoa, la Sampdoria e soprattutto il Napoli, che insieme all’Udinese lotteranno per i tre posti-Uefa; una di loro potrebbe anche vincere a sorpresa la Coppa Italia, finalmente sul modello inglese a esclusione delle incongrue semifinali andata-e-ritorno. Ho letto numerose volte la formazione del Torino, ma non vi ho mai trovato un senso. Il Bologna dovrebbe salvarsi e così anche (purtroppo) il Lecce. Il Chievo non credo.

In definitiva resto con l’impressione che 20 squadre (ossia 38 partite) siano troppe: si abbassa il livello medio del campionato, si apre la Serie A a piazze indegne, si permette alle squadre più forti di avere otto domeniche in più per rimediare a eventuali scivolate contro avversarie più deboli. L’ideale sarebbe 16, ma so che non accadrà mai più.

Pertanto quest’anno Gurrado prevede: 1. Juventus, 2. Milan, 3. Inter, 4. Lazio, 5. Roma, 6. Udinese, 7. Sampdoria, 8. Genoa. (Amici interisti, ricordate che da quest'anno con il terzo posto si viene ammessi alla Champions League senza più passare dai preliminari). Retrocesse Chievo, Reggina e Siena; dalla B salgono Brescia, Parma e Bari. Coppa Italia al Napoli, Champions League al Real Madrid (in finale sull’Inter); quanto alla Coppa Uefa non si capisce nemmeno bene chi partecipi, figuriamoci chi vincerà (di sicuro non il Milan).

Ultima questione, i diritti televisivi. A quanto pare noialtri, che non siamo abbonati né a Sky né a Mediaset Premium né a La7 Carta Più né a Dio sa cos’altro, questo campionato non potremo vederlo. Vorrà dire che ce lo immagineremo, sarà più bello.

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