venerdì 23 gennaio 2009

Letterine letterarie (17)

Gurrado,
i nuovi barbari stanno trasformando la scuola primaria in una specie di ricovero temporaneo per bambini in pausa dalla spazzatura televisiva e dalla playstation. Stanno spazzando via decenni di conquiste pedagogiche, sperimentazioni, innovazioni all’avanguardia nell’Occidente. Invito te che sei molto intelligente e vicino a queste idee a dire la tua. Vorrei sapere come difendi questo scempio.
Livio


Io più che sulla scuola elementare, che visibilmente non funziona più dal 1991 (e io fortunatamente ne sono uscito nel 1990), sarebbe a dire dall'istituzione del Cerbero formativo ossia il maestro triplo, ho concentrato le mie attenzioni sull'università. Tendenzialmente mi sembra che il principio da cui è mossa la Gelmini, ovviamente su spinta di Berlusconi, è giusto in quanto punta sul taglio dei rami secchi. (L'università pubblica in Italia, a dire il vero, è quasi tutta un ramo secco ma purtroppo non la si può abolire in toto, nonostante le mie conclamate speranze al riguardo). Le elementari le conosco poco, avendo smesso di avere dieci anni molto tempo fa, ma da lontano mi pare evidente che buona parte dei maestri non sia in grado di fare il proprio mestiere, che i programmi siano ridondanti e ottimistici, che gli alunni andrebbero trattati con più pugno di ferro. L'estremo opposto, l'università, ha più o meno gli stessi mali: i professori guadagnano troppo ed evitano accuratamente di lavorare, i programmi d'esame sono l'istituzionalizzazione del superfluo, gli studenti sarebbe meglio se non ci fossero viste le facce che hanno (e qui non permetto a nessuno di contestarmi: sono tornato a vivere a Pavia da due anni e in mezza giornata posso presentarvi ventimila imbecilli). Se dovessi venire chiamato a trovare una soluzione per il sistema scolastico italiano (per quanto io non venga pagato per questo e quindi non mi sforzi adeguatamente), opterei per una soluzione di tipo inglese: scuole private a ogni livello, finanziate da imprese o enti che garantiscano la loro preminenza economica e monitorino la loro eccellenza accademica, nonché migliori della scuola pubblica; alunni delle scuole private così ripartiti: figli di ricchi, indipendentemente dalla loro intelligenza, che pagano l'iscrizione e figli di non ricchi che vengono selezionati in base a test d'ingresso e per i quali l'iscrizione è gratuita, attingendo dai pagamenti altrui. Questo a ogni livello: elementari, medie (se esiste ancora la scuola media), superiori e soprattutto università. Chi non passa il test d'ingresso fatti suoi, mica dobbiamo essere tutti laureati, con le difficoltà che s'incontrano oggi a trovare un muratore o un tubista (mentre se putacaso cercassi un avvocato verrebbero istantaneamente a citofonarmi in dieci). Io sono figlio di famiglia non ricca, ho sempre passato fior di test d'ingresso, ho fatto laurea e dottorato in ricchissimi istituti privati d'eccellenza per i quali non ho sborsato una lira (e che anzi ne hanno sborsate parecchie per me) e al momento mi ritrovo con una preparazione di un certo livello e se combino e posso combinare qualcosa lo devo a questo, di sicuro non al settore pubblico.

Antò,
con tutto il bene che ti voglio, il giorno in cui spenderò denaro per acquistare Il Giornale sarà il segno certo che non sono più in me.
Michela

Effettivamente quando eri uscita sul Manifesto me l'ero cavata con una fotocopia.

Vabbe' Gurrado, lasciamo perdere le tue riflesssioni su Obama ché senò potremmo arrivare tipo al duello. Ma ho letto bene? 85 chilogrammi? A qusto punto propongo, come sommo sostenitore della tua persona in quanto scrittore sublime, più che l'attività copulativa (la qual, vedo, pratichi): quella podistica. Un due tre, scarpette Adidas, anzi no ché son troppo liberal, diciamo allora scarpette Nike: e via a scorrazzar per la Padania.
ancora Livio

A dire il vero non più 85 kg ma 79, grazie al mutato regime alimentare che mi ha fatto perdere cinque kg nel primo mese, un altro nel secondo e nessuno più per il resto dei miei giorni (il corpo, anzi la panza, resta davvero un mistero insondabile): il tutto senza bisogno di ricorrere alla corsa. Correre ho corso a dire il vero, ma in vita mia solo a Oxford due anni fa, quando pur di arrivare alla fine della giornata ero disposto a fare qualsiasi cosa. Poi avevo interrotto per andare a un convegno a Parigi e, tornato nuovamente a Oxford, mi son detto che avevo da preparare i bagagli e non avrei avuto tempo di correre, visto che due giorni dopo sarei tornato a Modena; e a Modena uno mangia, prega, legge, scrive, fotte e quindi non ha nessun bisogno di correre da nessuna parte. In Italia dunque corro solo se inseguito; e a dire il vero non ricordo nemmeno di che marca siano le mie scarpe da tennis - e le Adidas, vabbe', Adidas sarà una marca liberal ma è pur sempre lo sponsor tecnico del Milan; questo mi rammenta di un motto immortale che mi è scappato letto su Facebook: in vino veritas, in scarpe adidas, in doccia badedas e in culo un ananas. Chiedo perdono alle vereconde signorine, se ancora ce ne sono, ma dubito invero.

Poi Gurrado,
non mi aspettavo da te dei pianti per Kakà... ma per molti penso che Kakà sia stato come per te Van Basten... quindi io se fossi milanista andrei su tutte le furie
.
Mirko

Ma sei interista. E se mi offrissero un sacco di soldi per andare a lavorare in Inghilterra, ci andrei o traccheggerei per giorni e giorni fino a comparire di notte affacciato alla finestra di camera mia nell'atto di sventolare anzi brandire la cravatta del Ghislieri? Fossi stato Kakà ci sarei andato, fossi stato il Milan l'avrei venduto: per considerazioni tecniche (dal gennaio 2008, ovvero da subito dopo la vittoria un po' kitsch nel Mondiale per club, Kakà non è più decisivo, ha perso la spinta propulsiva che fino all'anno prima lo portava a risolvere le partite da solo, prova ne siano i piazzamenti imbarazzanti in campionato), per considerazioni psicologiche (e non ha perso tale forza propulsiva perché si sia imbrocchito tutt'a un tratto, ma solo e soltanto perché non ha più voglia, passa le estati a minacciare di andarsene e gli inverni ad aspettare che arrivi l'estate), per considerazioni economiche (e nessun calciatore vale 120, 115, 100 milioni; forse nemmeno nessuna persona in assoluto: rifilandolo allo sceicco di Manchester il Milan ne avrebbe ricavato valsente abbastanza da comprarsi tre o forse anche quattro giocatori di ottimo livello, valutabili sui 30-35 milioni, intendo Adebayor o giù di lì, rifarsi la squadra e vincere davvero lo scudetto del 2010), per considerazioni storiche (e ormai le bandiere - Maldini, Totti, Del Piero, Zanetti - sono in via d'estinzione irreversibile e costringere un giocatore a restare restare restare solo perché un giorno ha distrattamente giurato amore eterno al Milan è inumano, infantile e controproducente), per ragioni filosofiche (e basta con la litania dei valori intramontabili del calcio e del cuore che batte indefesso sotto la maglietta a strisce, la verità è che è giusto andare dove si può guadagnare di più, lo farebbe chiunque, e che all'inverso nessuno ma proprio nessuno è mai insostituibile, nel calcio come altrove), infine per ragioni antipopuliste (e invece ora mi tocca stare a sentire tifosi del Milan che guadagnano, che so, 800 euri al mese, spendendone metà in stadio, Sky e Gazzette, entusiasmarsi per l'eroismo col quale Kakà ha deciso di ascoltare le ragioni del cuore e rinunciare a guadagnare 15 milioni annui ma limitarsi a una decina). Né capisco che senso abbia comparire di notte affacciato alla finestra di casa sua nell'atto di sventolare anzi brandire la maglietta del Milan per significare che no, non va al Manchester City a gennaio, va al Real Madrid a luglio.

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