giovedì 2 aprile 2009

Il G-20, Peter Crouch e i film a luci blu

(Gurrado per Quasi Rete)

Istruzioni per l’uso: questo articolo contiene elementi scandalosamente scabrosi, pertanto se ne sconsiglia la lettura ai maggiori di 21 anni e in particolare a mia madre.

Londra è sotto assedio, pare. Non si capisce però se la notizia sia riferita, nell’ordine, 1) all’allargamento indiscriminato al quale Gordon Brown ha sottoposto il G-20, fra paesi membri, paesi ospiti, paesi osservatori, paesi immaginari e così via; oppure 2) al numero inusitato e fantasmagorico di membri dell’entourage di Barack Obama, ivi compreso un numero di guardie del corpo che non esiterei a definire preoccupante visto che, se per salvarmi la vita c’è bisogno di mezzo esercito, evidentemente può darsi che io abbia fatto qualcosa di sbagliato ma può anche darsi che loro non sappiano fare per bene il proprio mestiere; o in subordine 3) ai numerosi passanti che, evidentemente stanchi di trastullarsi per la City in ombrello e bombetta, hanno preso d’assalto le vetrine di banche e affini (né risulta confermata la notizia, trapelata appena ieri 1 aprile, che dopo aver visto il Gp di Australia il Primo Ministro inglese stia meditando di incrementare le proprie possibilità di successo alle elezioni politiche cambiandosi il nome in Gordon Brawn; posso invece confermarvi il tacito sospetto che il correttore automatico di Word, nutrendo radicati dubbi sulla sintassi di quest’interminabile periodo, ha iniziato a sottolinearmelo tutto – denotando una certa irritabilità – man mano che andavo componendolo: però se ricordate gli elementi base di analisi logica potete controllare da capo e notare che nulla è fuori posto, a ribadire la naturale superiorità dell’uomo sulla macchina, circostanza la cui unica eccezione risiede in Lewis Hamilton).

Se lo stato d’assedio è riferito ai manifestanti, mi limito a far notare che le 20 G, i venti grandi del mondo potranno avere tutte le colpe che si vuole, ma almeno sono noti per nome e cognome, hanno un ufficio e un numero di telefono. I loro atti sono sotto gli occhi di tutti. Le loro facce sono a disposizione. I manifestanti invece ondeggiano fra l’innato desiderio di farsi inquadrare mentre sfasciano le vetrine della Royal Bank of Scotland e la necessità impellente di coprirsi il volto in ogni modo non appena si sentono addosso l’occhio della telecamera e, per estensione, il mio. Questa mattina in un filmato della BBC1 la scena madre era proprio questa: un giovanotto che scorge il cameraman, si accanisce sul pezzo ancora intonso di una vetrata della City, si volta soddisfatto verso il pletorico occhio di bue dal quale si è sentito investito, sorride quasi, si rende conto che nella foga la sciarpa gli è scivolata giù fino al collo, non sorride più, torna a coprirsi il volto con la sciarpa e allontana il cameraman con una manata. Londra è sotto assedio dunque, ma di sicuro le 20 G sono più a rischio per la cena che stasera sarà imbastita loro da Jamie Oliver, il più grande cuoco d’Inghilterra. Che è un po’ come dire il più grande torero finlandese.

Oxford tuttavia è una cittadina tranquilla e non è sotto assedio manco per niente. La cosa peggiore che possa succederle è perdere la sfida nautica con Cambridge. Incidentalmente, domenica scorsa Oxford ha vinto. I festeggiamenti sono stati talmente incontenibili che non me ne sono accorto. Ma forse la mia attenzione – o anzi l’attenzione di tutta Oxford, di tutta l’Inghilterra, di tutto il Regno Unito, di tutto il Commonwealth – era stata accalappiata dal vero, grande evento che ha scosso le radici della Britannia. Altro che la scorta di Obama. Altro che le vetrate della RBS. Forse ne è arrivata una minima eco anche in Italia ma ve lo ripeto per compiacimento: è accaduto che il ministro dell’Interno, signora Jacqui Smith, ha consegnato agli uffici governativi una lista di ricevute per ottenere regolare rimborso spese. La ricevuta contemplava anche lire sterline 67 spese nella visione di alcune trasmissioni via cavo. Allora giù lo scandalo; non per altro: perché alla tv via cavo erano stati visti dei film porno (presumibilmente, pare, dal marito del ministro dell’Interno, il signor Jacqui Smith). Visibilmente l’irritazione popolare non era tanto diretta all’incongrua richiesta di rimborso spese quanto al fatto che il marito avesse visto questi film a luci rosse, che qui curiosamente vengono definiti blue movie, come a dire film a luci blu.

Per quel che mi riguarda, il marito del ministro dell’Interno può guardare quello che gli pare, con o senza il ministro appresso. Piùttosto vorrei sollevare alcuni problemi di natura estremamente pratica, che sono passati in secondo piano nel corso della vicenda. Complessivamente l’ammontare della ricevuta era di lire sterline 10 per i film scabrosi, con le restanti 57 spese per guardare, chissà perché, due volte Ocean’s Twelve e soprattutto in programmi per bambini. Curiosamente, nessuno ha protestato per il fatto che il figlio, o i figli, del ministro abbiano guardato circa 40 sterline di cartoni animati a spese del contribuente. Invece il marito è già tanto se ne uscirà vivo. In ogni modo questa faccenda dei film blu visti dal marito ha rubato la scena al doloroso errore del ministro, il quale pare abbia sbadatamente indicato come prima casa il garage di sua sorella così da ottenere per l’abitazione un rimborso spese di lire sterline 116.000. È evidente che la gravità dell’atto non è comparabile all’aver sbirciato dei film blu. Peggio, ad aver visto due volte di fila Ocean’s Twelve.

Ogni tanto mi convinco che la soluzione di tutti i problemi d’oggi sia già stata trovata nel ’700. Pare che all’epoca un giovanotto esuberante, tale La Barre, fosse stato condannato dall’autorità parigina per seduzione e blasfemia; questo gli guadagnò le simpatie di Voltaire che si riferiva a lui come Monsieur le fornicateur. Federico II di Prussia, fra una guerra e l’altra, dichiarò che la punizione ideale sarebbe stata costringerlo a leggere tutte le ponderose opere dei gesuiti Suárez e Molina. Dunque il marito del ministro, monsieur le pornicateur, ha sbagliato? Il marito del ministro deve pagare. Come punizione io lo avrei obbligato alla visione di The Sex Education vs. Pornography, una trasmissione che Channel4 ha mandato in onda in prima serata (dicesi prima serata) (grassetto: prima serata) (grassetto stampatello: PRIMA SERATA) lunedì, martedì e mercoledì. Oggi, chissà perché, va in onda alle 22.

Si tratta di una trasmissione in cui una conduttrice effettivamente molto brillante (le rendo giustizia cercando il suo nome sulla guida tv: Anna Richardson) va in giro per le scuole superiori di Londra a spiegare a fanciulloni e fanciulline minorenni (minorenni) (MINORENNI) che guardare un film blu è una porcheria anche se non si è sposati a nessun ministro, mentre è estremamente positivo accostarsi al corpo dell’amata/o con lo stesso atteggiamento compenetrato delle istruzioni sui cibi precotti: “sciacquare prima dell’uso”, “da consumarsi prevalentemente entro”, “riscaldare per tre minuti e mezzo”, “materiale completamente riciclabile”. Anna Richardson è carina e ironica, ma trovo qualcosa di veramente sbagliato nel sottoporre immagini repellenti di corpi nudi visibilmente trascurati (e non vi sto dicendo nulla della prova pratica in cui veniva chiesto a un intero liceo di infilare a tempo record un preservativo su un vibratore, anzi, infiniti preservativi su infiniti vibratori). Vi chiedete che cosa? Ve lo spiegherà il marito del ministro dell’Interno dopo aver visto tutte le puntate della serie.

Impegno che, peraltro, gli avrebbe impedito di guardare Inghilterra-Ucraina, ieri sera. (Ora, ditemi voi se il correttore automatico di Word quando scrivo “Ucraina” debba sostituirlo a tradimento con “Urania”). Io, che non ho sposato nessun ministro e ho finito il liceo da tempo immemorabile, l’ho guardata invece e ho tratto le seguenti conclusioni. 1) Il nuovo Wembley è proprio bello, l’arco che lo sovrasta assolutamente affascinante e talmente unico che, riprodotto altrove, risulterebbe un’immondizia come la Torre di Pisa a Las Vegas. Lì invece calza come un guanto. Questi Inglesi, avevano lo stadio più bello del mondo e, qualche anno fa, prendono e lo buttano giù, costruendone nello stesso posto un altro più moderno e altrettanto bello. Così riescono nell’impresa di continuare a guardare strenuamente avanti e cristallizzare il ricordo del vecchio stadio, scolpirlo nella memoria degli appassionati, sottrarlo all’inevitabile decadimento, renderlo gloriosamente immortale. Mi sbilancio e lo dico ufficialmente: il vecchio Wembley era il Colosseo, il nuovo Wembley è la Torre Eiffel del calcio mondiale.

2) Peter Crouch, l’albatro zoppo dell’area di rigore, era è e resterà il mio calciatore inglese preferito nonostante mezzi fenomeni come Lampard o Rooney e fenomeni completi come Steven Gerrard. A vederlo, Peter Crouch, sembra Piero Fassino in mutande – un po’ più alto, un po’ più magro anzi. Poi, d’improvviso, appena la palla gli rimbalza attorno la mette in rete con un gesto goffo. E goffa all’inverosimile è la sua esultanza, la danza stile robot-scassato-o-Michael-Jackson-dopo-vari-interventi-chirurgici che ha riproposto ieri sera davanti alla folla festante. Perché sì, Crouch ha segnato anche ieri: corner di Rooney, torre di Terry, e lui – che nel frattempo s’era liberato di un difensore ucraino guardando mestamente altrove, fingendosi del tutto disinteressato all’azione pur presidiando l’area di porta – s’è sdraiato a mezz’aria e ha tirato addosso al portiere. Ha tirato talmente male che il portiere s’è gettato da tutt’altra parte, lì dove la palla sarebbe dovuta andare se fosse stata tirata da qualcuno che non ha delle pinne al posto dei piedi, diciamo Lampard o Rooney o Gerrard: la palla gli è rimbalzata sull’ascella ed è entrata in porta. Ieri non ha segnato Lampard né Rooney né Gerrard. Ha segnato Crouch dai piedi sbilenchi, la prova vivente che il calcio è una scienza inesatta.

3) La maglia dell’Inghilterra, bianca che più bianca non si può, è probabilmente stata progettata in vista di una forte sponsorizzazione da parte di qualche detersivo ancora ignoto.

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