venerdì 21 agosto 2009

Domani accadrà

(Gurrado per Quasi Rete)

Basta con le solite arrampicate sugli specchi e gli arzigogoli per tenere insieme argomenti che non combacerebbero nemmeno col silicone sigillante Saratoga: voglio scrivere una paginetta semplice per spiegare cosa penso della stagione calcistica che sta per iniziare (al momento in cui scrivo, manca un’ora esatta al calcio d’inizio della Serie B) e fare una serie di pronostici a caso che verrà puntualmente smentita dai fatti. Ma io di mestiere faccio lo storico e quindi so che non esistono fatti, solo interpretazioni. D’altra parte perché privarsi del piacere di rileggere queste stesse righe fra un anno e poter dire: “Io l’avevo detto, tutto il contrario?”.

Ma poi, sinceramente, vi siete accorti che c’è stato un intervallo fra la stagione scorsa e la novella? Il calciomercato 2009-2010 impazzava mentre l’Italia grigiomarrò veniva presa a sberle nella Confederations Cup 2008-2009. La Roma ha iniziato i preliminari di Coppa Uefa nei giorni in cui avrebbe dovuto giocare al beach volley. La Supercoppa Italiana 2009-2010 è stata giocata l’8 agosto, quando la gente normale non guarda partite; per aumentare l’effetto di straniamento l’hanno allestita a Pechino, così uno accendeva la tv alle due del pomeriggio e vedeva il buio pesto. Ecco, proprio dalla Supercoppa Italiana sono emersi i primi due giudizi sbagliati della stagione. L’Inter ha perso, ha perso Mourinho – s’è detto. A me è parso che l’Inter abbia giocato il miglior calcio degli ultimi anni, solo che Muslera s’è improvvisamente ricordato di essere un portiere, promettente per giunta. La Lazio ha fatto l’unica partita che si può ragionevolmente fare contro quest’Inter e ha colpito con spietatezza. È stata sotto questo aspetto una bella Lazio e gli elogi si sono sprecati ma lo spareggio Uefa ha dimostrato che almeno per ora questa è l’unica maniera che la Lazio ha di affrontare qualsiasi avversario, non solo l’Inter ma anche l’imbarazzante Elfsborg. Quanto potrà durare?

(Mi sono reso conto solo ora che sto istintivamente continuando a chiamare Coppa Uefa quella che dovrebbe chiamarsi Europa League. Non ci fate caso, vero? Se volete, per omogeneità possiamo accordarci di chiamare Coppa dei Campioni la Champions League, Coppa Intercontinentale il Mondiale per Club, Coppa Italia la Tim Cup e stronzata epocale la Confederations Cup. Chiusa parentesi.)

L’Inter ha venduto Ibrahimovic quindi è senza dubbio più forte dello scorso anno, avendone ricavato Eto’o e una cinquantina di milioni da reinvestire presumibilmente in una mezza punta – ma io, difensivista morboso, li spenderei piuttosto per un altro difensore centrale e un altro centrocampista di contenimento, non sia mai che Cambiasso e Javier Zanetti si rompano contemporaneamente. Se il campionato si decidesse in base al potenziale delle squadre, l’Inter non avrebbe rivali. Ma tre scudetti consecutivi annoiano (se qualcuno si azzarda a dire “quattro” gli martello la falange minima del mignolo destro), è tempo di pensare all’Europa. Secondo me potrebbe essere l’anno giusto, soprattutto se si considera il rendimento internazionale di Eto’o e Lucio e lo si compara a quello di Ibrahimovic, che segnava solo con lo Spartak Mosca.

Il Milan ha venduto Kakà ma qualcosa mi dice che non sia più forte dello scorso anno. Ho in mente un parallelo che rende fino a un certo punto: nell’estate 1991 finì il ciclo di Sacchi (quest’anno è finito quello di Ancelotti) che aveva fruttato uno scudetto e due Coppe dei Campioni (Ancelotti idem); la squadra veniva ritenuta bollita (oggi viene ritenuta decotta), allora la si affidò a Capello, in teoria yes-man di Berlusconi, aziendalista praticamente senza esperienza in panchina (idem Leonardo oggidì) e vinse tre scudetti di fila. La differenza è che all’epoca non venne venduto il miglior attaccante, come invece è accaduto quest’anno di fatto senza sostituirlo. La pazza idea è che il sostituto fosse Ronaldinho, il quale potrebbe esserlo se ricominciasse a correre – o se Pato decidesse di correre al posto suo, mentre il dentinho fa da boa, in entrambi i sensi della parola. Resta il fatto che la rosa è ristretta, per quanto promettenti possano essere Di Gennaro ed, ehm, Zigoni. Senza dimenticare Viudez. Paradossalmente la miglior prospettiva sarebbe un’immediata eliminazione dalla Champions League, per affidarsi alla Provvidenza e diventare la squadra rivelazione del campionato.

Il ruolo insomma che l’anno scorso ebbe la Juventus, non fosse che nome e blasone l’abbiano fatto passare inosservato. Ferrara conosce finora soltanto vittorie (due) ma sembra l’uomo adatto ad affrontare le avversità, che nonostante gli unanimi consensi potrebbero non mancare qualora il novissimo asse centrale Cannavaro-Felipe Melo-Diego non dovesse sulle prime funzionare a dovere. Per il resto la squadra è ottima, Del Piero è una persona matura (lo è da quando era nei ragazzini del Padova, figuriamoci ora) e quindi capirà se gli sarà chiesto di non giocare, lo spogliatoio sembra saldo e la sensazione è che ci sia tutto da guadagnare. Ci sarebbe stato ancor meno da perdere se la reazione all’infortunio di Sissoko non fosse stata la (s)vendita di Cristiano Zanetti: è come se alla reggia di Caserta si pretendesse che le fontane facessero giochi d’acqua senza chiamare prima l’idraulico.

Ma se dovessi dire un pronostico secco sulla vincitrice del campionato (come lo scorso anno dissi: Juventus), mai come quest’anno risponderei: la Roma. I guai della società sono stati confusi con i guai della squadra. Venduto Aquilani, è stato preso Guberti: il sostituto non è allo stesso livello ma il sostituendo non era insostituibile, per quanto possa ammirarlo. Resta una squadra con Totti, Vucinic, De Rossi, Pizarro, Mexès e Doni in porta quando tornerà; soprattutto resta una squadra che conserva l’allenatore, Spalletti, e un progetto di gioco collaudatissimo a fronte di tre grandi che stanno cambiando e dovranno per forza sperimentare. Potrebbe essere una vittoria alla Nuvolari, piombando addosso agli avversari a fari spenti e quando è troppo tardi per fare la differenza. Senza contare che se supera indenne le prime cinque giornate (Genoa, Juve, Fiorentina e Palermo: auguri) il grosso è fatto.

Il grave difetto dei campionati a 20 squadre è che aumentano a dismisura le partite e diminuisce proporzionalmente il margine di errore rispetto alla qualità, alla forza della squadra. Fosse stato un campionato a 16 squadre, con otto giornate in meno (e due mesi di vacanza in più, come alle scuole elementari), sarebbe un campionato con meno infortuni e più sorprese: perché gli infortuni vengono assorbiti dalle squadre con rose sterminate, certo non da quelle che in panchina mancano un altro po’ i magazzinieri. Fosse stato un campionato a 16 squadre, avrebbero potuto giocarselo anche: il Napoli, che controbilancia un’ottima campagna acquisti con una tifoseria turbolenta perché abituata troppo bene e un allenatore forse inetto a questi livelli; la Fiorentina, che però sembra una di quelle ragazze che invecchiano zitelle; la Lazio, qualora fosse in grado di affrontare alcune partite in maniera meno attendista; e (bestemmierò?) il Genoa, che di tutte è quella che mi incuriosisce di più e che ha nello stomaco un cocktail di concretezza e incoscienza che mi ricorda il Verona di Bagnoli. Quello che vinse lo scudetto, uno degli ultimi a 16 squadre, come volevasi dimostrare.

Idem, un campionato a 20 squadre implica necessariamente che le quattro squadre di troppo siano più deboli, poiché non esiste un livello superiore alla Serie A. Il che implica a sua volta che gli attaccanti di sfondamento segnano di più (se leggeste le statistiche sapreste che quando Nordhal segnava trentacinque goal a campionato la Serie A era a 20 squadre e si giocava contro Pro Patria e Novara). Per questo credo che attaccanti provenienti da campionati più sofisticati come Eto’o, Huntelar e forse Palacio (non già Nenè, che resta un oggetto misterioso) potrebbero avere vita facile come la ebbe l’anno scorso Zarate – e come sempre la ebbe Ibrahimovic, il quale prediligeva segnare al Chievo, alla Reggina e se avesse potuto anche alla Virescit Bergamo. Dite invece all’Udinese che sostituendo Quagliarella con Floro Flores e Corradi non si va lontano: in questo caso uan is megli che two.

Allo stesso modo finiscono per retrocedere sempre squadre deboli: 3 su 20 sono poche; ai beati tempi ne retrocedevano 3 su 16 ed era tutt’altra percentuale. Oggi la bieca speranza, anzi la Schadenfreude che possa cascare nella rete qualche pesce grosso tipo la Fiorentina del ’93 è molto limitata. C’è da dire che lo scorso anno c’è riuscito il Torino, ma solo perché il Bologna di Di Vaio s’è avvalso della peculiarità del paragrafo precedente: basta avere davanti, come diceva Rocco, un mona che la butta dentro e i punti prima o poi fioccano. Per campanilismo mi soffermo un attimo sul Bari: che patirà l’infortunio a Paro quasi quanto la Juventus ha patito quello a Sissoko (in proporzione), ma che ha un centrocampo e soprattutto un attacco potenzialmente sorprendente, fra Barreto Meggiorini e Kutuzov (il quale, lo dico per informare mia madre che sarà indubbiamente l’unica arrivata a leggere fin qui, non è scappato da Guerra e Pace). Dovrebbe salvarsi, forse anche qualcosina in più – ad esempio un buon 1-1 con l’Inter in rodaggio dopodomani. Sorprese simili riserverà il Parma, ma in questo caso più che da un giudizio tecnico mi lascio trasportare dalla commozione nel rivedere pari pari la maglietta che fece la gloria di Nevio Scala. Altri tempi.

In definitiva questa è la mia parola: scudetto alla Roma; Juventus e Inter in Coppa dei Campioni senza preliminari; una fra Milan, Napoli e Lazio al quarto posto e la Fiorentina subito dietro, quindi settima (ah, i preliminari della Coppa dei Campioni, quanti strascichi lasciano e quanto male fanno). Poi una sfilza di posizioni inutili fino alle tre che vanno giù: meriterebbero di retrocedere in sei ma le tre più pericolanti mi sembrano il Livorno (ancora Lucarelli?), il Siena (ancora Reginaldo?) e non escluderei il Catania senza Zenga (ancora in Serie A?). Dalla B immagino la promozione diretta di Torino e Brescia; dai playoff potrebbe spuntare una mezza sorpresa come il Sassuolo o il Mantova.

Il Genoa ha le carte per vincere la Coppa Italia. La coppa Uefa come sempre non ci riguarda, quindi è inutile parlarne – d’altra parte a questo punto non si sa nemmeno chi ci giocherà pertanto fare pronostici è folle. Stesso discorso per la Coppa dei Campioni: fra le partecipanti sicure, indicare il Real Madrid è troppo banale, quindi non lo sta facendo nessuno, quindi io mi sbilancio e dico che la vincerà il Real Madrid, quindi andrà verosimilmente a finire che non la vincerà affatto. Mai come quest’anno occhio all’Inter.

Per fortuna tutte queste supposizioni da domani saranno carta straccia; anzi, avendole pubblicate sul web, non saranno nemmeno quella. Ma il calcio vive di fantasia e di speranza, oltre che di ricordi e lenimenti. Il presente conta poco, è come un quotidiano di fronte a un atlante storico. Fra quattro minuti la serie B darà la prima pedata e potremo concentrarci sul Mondiale, perché nulla è più vero di quanto ha scritto e cantato Lucio Dalla: l’anno che sta arrivando fra un anno passerà (io mi sto già preparando, è questa la novità).

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