martedì 15 giugno 2010

Fogazzareide, parte seconda. L’importante è saper mediare fra Fratelli d’Italia e Va’ Pensiero; uno deve essere in grado di capire quando è il momento dell’uno e quando il momento dell’altro. Antonio Fogazzaro, conterraneo del verde Zaia, si arrampica sulla sintassi più farraginosa e affannata quando scrive in italiano frasi come “Credo anzi che una volta il signor Steinegge mi ha raccontato quello”; così stentato non parla nemmeno uno studente di lettere. Poi la sua prosa diventa un balletto quando passa al veneto: “Stamatina, La s’imagina, vado a Lugan. Vengo a casa zirconzirca a le tre. Su la porta, La varda qua, ghe xe de le gioze. Tasì! No ghe bado, tiro drito. Son sul pato de la scala per andar in cusina; ghe xe de le giozze. Zito! Cosa gala spanto? digo. Me sbasso, meto un deo in tera; tasto, xe onto; snaso, el xe ogio. Alora ghe vado drio a le giozze. Tasto, snaso, tasto, snaso. Tuto ogio, Controllore gentilissimo. (…) E mi torna in drio e vaghe drio a ste giozze e drio e drio, rivo a la porta; Controllore mio gentilissimo, le giozze le va in zoso. Quella b…” – e qui si ferma non per rispetto della decenza ma perché con l’inciso vocativo al controllore gentilissimo sa di aver trasformato il dialetto in letteratura italiana ben riuscita.

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