giovedì 30 dicembre 2010

Il quarto motivo per cui ringrazio Iddio nonché il più significativo avvenimento del mio 2010 è stata la scoperta dell’Italia, impossibile a verificarsi se non fossi stato tutto l’anno all’estero e anzi correlativo oggettivo di questa fortuita circostanza. Senza vivere in Inghilterra non avrei apprezzato l’avventurosità intrinseca del pigliare un treno da solo e andare in un posto ignoto o meno. Sono riapparso come di consueto a Pavia e ho presentato conferenze a Modena (anzi a Sassuolo); ho attaccato bottone con le viaggiatrici sui treni, ho offerto aperitivi a colleghe rimaste entro i confini patri, ho fatto ingresso nelle librerie più diverse, ho provato quotidiana sorpresa nello scoprire che attorno a me la gente parlava una lingua che capivo anche senza dover mettermi ad ascoltare. Ho scoperto la Venaria Reale, dove ho bevuto barolo leggendo Tondelli su una delle tre piazzette che ne delimitano l’unica via significativa, e dove mi sono intrattenuto con il portinaio siculo di un albergo che non aveva internet nemmeno alla reception ma che si pasceva di corposi trattati di storia revisionistica. Sono tornato a Roma dopo anni (l’ultima volta ci ero passato solo mezza giornata), dove solevo trascorrere periodicamente una settimana e dove ho trovato tutto come l’avevo lasciato, me compreso. Ho addirittura sostato un paio d’ore a Falconara Marittima, avendovi un poco agevole cambio di treno, e poiché la stazione era troppo piccola per restarci come un baccalà sono andato a esplorare il paesello valigia e tutto, prendendo caffè e cornetto di fianco a un tale operato alle corde vocali che ciò nondimeno le sforzava per dichiarare che quando la Juventus era stata retrocessa in serie B lui non aveva né mangiato né dormito per un mese intero. Poi, occasionalmente, ogni tanto facevo un salto a Oxford.

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