martedì 14 dicembre 2010

Si è già scritto di tutto, non è ancora successo niente e la notte non mi ha portato consiglio. Non ho capito perché Berlusconi non si sia dimesso, non ieri sera ma un paio di mesi fa, quando si è iniziato a sentire puzza di bruciato tutt’attorno. Secondo me confonde la costituzione materiale (ciò che lui preferisce definire il mandato popolare dei cittadini che hanno votato un simbolo con il suo nome dentro) con le sue speranze di riforma, e si comporta come se fossero già attive. Magari oggi prende la fiducia, ma ciò non toglie che abbia fatto due errori. Uno politico, cacciando Fini e creandosi da solo un rivale che poteva tenere a bada dandogli il contentino di una corrente di mattoidi interna al proprio partito. Uno istituzionale, dimenticando che non sono cambiate né la costituzione, purtroppo, né tampoco i regolamenti parlamentari, e che quindi ad agitare troppo il mandato popolare si rischia di fare la figura dell’ultimo giapponese, combattendo da solo in un sistema politico che è bene o male rimasto uguale a trenta o cinquant’anni fa. Io non so se Berlusconi sia moderato; certamente è stato per quindici anni l’unica speranza per far governare i moderati in Italia, ma se fosse stato democristiano si sarebbe dimesso dopo avere ottenuto la fiducia a fine settembre, come la buonanima di Giovanni Goria “per dare vita a un governo più forte”. A quel punto avrebbe dovuto comunicare a Napolitano l’avvenuta scissione fra appoggio all’azione di un governo di centrodestra (certificato dall’ampia fiducia) e sostegno della sua persona (venuto chiaramente meno a seguito dell’ottovolante di Fini); e avrebbe dovuto lasciare il Quirinale indicando un nome di un esponente moderato del proprio partito da insediare a Palazzo Chigi, riservando per sé il ruolo di ministro pesante (agli Esteri, per esempio, che gli sono sempre piaciuti tanto). Con una mossa del genere avrebbe messo Fini di fronte alla propria responsabilità politica, scompaginato l’opposizione, plausibilmente aperto all’Udc; di più, avrebbe avuto l’agio di tramare nell’ombra, fare la figura dell’animale ferito ma restare nondimeno al governo, lasciare il cerino in mano al compagno di partito: il quale, se si fosse bruciato, avrebbe dovuto portare il Paese a elezioni anticipate per colpa sua; se se la fosse invece cavata, avrebbe finito la legislatura e preparato la via del 2013 a un Berlusconi carico di potere e scevro di particolari responsabilità. Che si voti domani o fra due anni e mezzo, sarà sempre il prossimo parlamento a eleggere il nuovo presidente della repubblica. Come quando pretendeva che il Milan di Capello vincesse campionati e coppe vincendo tutte le partite (o almeno non perdendone nessuna), Berlusconi sta commettendo l’errore di credere che in Italia si possa conservare il potere solo esercitandolo continuativamente. La storia gli insegna che non è così, e che nessuno è entrato al Quirinale da presidente del consiglio uscente (da presidente della camera invece sì, ci sarebbe da preoccuparsi).

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