mercoledì 23 febbraio 2011

Una valorosa giovine mi ha contattato per complimentarsi di una recensione che in realtà non era una recensione, o meglio una raccolta d’impressioni messe insieme al volo dopo avere letto la prima pagina di Anna Karenina. Iniziavo così: “Tutti i libri noiosi sono simili fra loro, ogni libro russo è noioso a modo suo”; e, poiché a parte l’incipit non ricordavo nient’altro di ciò che avevo scritto, sono andato a rileggere l’intera recensione-non-recensione che in realtà m’è piaciuta parecchio finché non sono giunto alla data eternata a fondo pagina, 11 novembre 2008. Lì mi sono fermato perché folgorato da una rivelazione: due anni fa scrivevo non so se meglio ma sicuramente robe più divertenti. E mi divertivo anche di più; come controprova, sono andato a cercare le recensioni che scrivevo a Modena nel 2006 – senza venire pagato, senza dover far nulla per buona parte del giorno, senza dover cucinare né lavare i piatti, senza dover aspettare tre mesi per vedere gli amici cinque minuti, senza limiti di spazio né di tempo, senza nemmeno ricevere i libri dagli editori ma andando a prenderli in prestito dalla biblioteca Delfini per carenza di valsente – e ho scoperto che non ho mai più scritto roba così spensierata, magari arguta, senza alcun freno alla sperimentazione (Rule Britannia viene cantata durante una recensione di Caos Calmo in cui si citano anche Max Weber, Wayne Rooney e Tertulliano) e con idee con le quali non solo tuttora concordo ma che dopo due anni a Oxford non riuscirei forse più a esprimere in maniera altrettanto efficace, brillante, appropriata; di sicuro non ne avrei il tempo, forse nemmeno l’energia. Che bel guadagno; che peccato.

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