venerdì 21 ottobre 2011

Splendori e miserie di Silvio Berlusconi il quale ieri, nel breve volgere di poche ore, è riuscito a dire le parole più intelligenti e quelle meno furbe della giornata.

L'espressione più intelligente è stata quella con la quale ha seppellito Gheddafi, "sic transit gloria mundi", concentrando in quattro sole parole il dolore per la perdita di un amico controverso, l'inevitabilità della politica che deve comunque andare avanti, il mugugno per l'annullamento delle conseguenze pratiche di accordi internazionali stipulati con fatica e forse anche un'ombra di mesta autoreferenzialità. Come spesso gli accade, non è stato compreso. Ad esempio Massimo Donadi dell'Italia dei Valori, con la consueta aria da Venerdì Santo in servizio permanente effettivo, ha replicato con un altro detto latino a caso per poi chiedere coram populo cosa c'entri mai la gloria con Gheddafi che era un sanguinario dittatore. Io non lo frequento abitualmente, ma se vi capita dite a Donadi che nell'espressione latina si fa riferimento alla "gloria del mondo", che con versione un po' libera potrebbe essere resa con: "gli abiti scintillanti, gli occhiali da sole, le tende in Campidoglio, le hostess, il titolo di Re dei Re d'Africa e il figlio che gioca nell'Udinese".

L'espressione meno furba è invece quella con la quale, durante un vertice coi parlamentari del suo partito, Berlusconi ha commentato un intervento televisivo dell'onorevole Laura Ravetto arguendo che costei avrebbe prestato troppa attenzione mentre parlavano gli esponenti dell'opposizione e non avrebbe scosso sufficientemente il capo in senso di diniego. Io non lo frequento abitualmente, ma se vi capita regalate a Berlusconi una copia dell'opera omnia di Achille Campanile nella quale troverà (credo tratto da Gli Asparagi e l'Immortalità dell'Anima) un utile consiglio da seguire quando si visita la mostra personale di un amico che si diletti mediocremente di pittura: mai iniziare elogiando oltremodo il primo quadro perché l'amico si aspetta un crescendo e dunque al decimo, al ventesimo, al cinquantesimo quadro non si avranno più parole per esprimere il proprio entusiasmo. Meglio iniziare con un apprezzamento contenuto, quasi indifferente, e la progressione nel giudizio fra il primo e l'ultimo quadro procurerà all'amico una soddisfazione maggiore della vana e frustrante ricerca di iperboli arrampicate sugli specchi. Questo vale, mutatis mutandis, per i dibattiti politici. Se l'onorevole Ravetto avesse dovuto scuotere il capo a qualsiasi frase pronunziata dagli esponenti dell'opposizione, avrebbe dovuto scuoterlo più forte quando fossero arrivate le prime immancabili boutade incondivisibili, ondeggiare con tutto il busto da sinistra a destra e viceversa nel momento in cui fossero state chieste le dimissioni del premier, roteare la testa di 360° sentendo profferire che la crisi globale è colpa di Valter Lavitola, staccarsela e brandirla come Bertrand de Born nel momento in cui si fosse argomentato che il video hard di Belen è stato girato a Palazzo Grazioli e infine lanciarla contro l'oppositore mentre questi spiegava che la manifestazione del 15 ottobre a Roma era di natura pienamente pacifica.