venerdì 30 dicembre 2011

Nel tragico panorama occidentale dell'anno morente si sono distinte in positivo due nazioni: non sono le ridarole Germania e Francia bensì Spagna e Gran Bretagna. Quest'ultima aveva galleggiato a vista per undici mesi, finendo sovente sotto il pelo d'acqua come in occasione dei moti estivi, prevedibilissimi per chiunque avesse trascorso più di una settimana in Inghilterra di modo tale da apprendere che è una nazione in larga parte composta da teppistelli decerebrati. La Gran Bretagna ha saputo rovesciare le sorti il 9 dicembre, quando si è ricordata di essere una nazione speciale e David Cameron con un giro di parole ha fatto capire a Sarkozy e alla Merkel dove avrebbero potuto infilarsi, una a una, le dodici stelle del vessillo europeo (la scena ricordava un poco la conferenza stampa del patriottico premier Hugh Grant in Love, Actually; ognuno ha i suoi modelli di riferimento).

La Spagna ha fatto di meglio. Precipitata in una crisi che poteva renderla anello mancante fra Italia e Grecia, ha sapientemente gestito il passaggio di poteri fra ex maggioranza ed ex opposizione, comprensivo di nobili dimissioni del primo ministro e campagna elettorale secca ma corretta. Il capolavoro è stato l'ultimo discorso del vecchio governatore, in cui l'uscente Zapatero ha concordato col subentrante Rajoy le parole da utilizzarsi per parlare a nome della Spagna e non del partito socialista o popolare.

Spagna e Gran Bretagna sono nazioni e hanno potuto dimostrare di esserlo in quanto monarchie. Dietro i governatori che si avvicendano resta il sostegno costante di un sovrano che pur nell'inevitabile succedersi di morti e incoronazioni resta idealmente lo stesso perché cessa di essere individuo per farsi uomo nazionale. Questo non è possibile in Francia, dove il Presidente della Repubblica deve curarsi del ritorno elettorale per sé, se è al primo mandato, o per il proprio partito, se è al secondo. Non è possibile in Germania, dove il Presidente della Repubblica è sostanzialmente inutile, tradizionalmente inetto, completamente oscurato dall'ombra del cancelliere e non di rado facilmente rovesciabile con uno scandaletto. Tanto meno sarebbe possibile in Italia, dove il Presidente della Repubblica è un uomo di partito, scelto dopo estenuanti trattative fra capipartito, e  chiamato a dirigere l'infinita quadriglia dei partiti: per quanto correttamente e istituzionalmente possa comportarsi, salterà sempre fuori qualcuno che lo taccerà di parziale e traditore degli interessi nazionali, ora a torto ora a ragione.

In Gran Bretagna risultati e programmi del governo, quale che sia, vengono solennemente esposti nel Discorso del Re (oggi Regina) davanti ai leader di maggioranza e opposizione con tutti i parlamentari alle loro spalle. La voce è del sovrano, le parole sono del governatore e le due cose diventano inscindibili. Ve lo vedete Napolitano o chi per lui a leggere i programmi di Berlusconi o chi per lui? In Spagna ci fu sensazione quando, per difendere Zapatero che pure non amava e del quale presumibilmente non trovava condivisibili le politiche, il cattolicissimo Re Juan Carlos urlò a Hugo Chavez: "Porqué no te calles?", "Perché non ti stai zitto?"; poi prese e se ne andò. In quel momento uscì di fatto dalla stanza tutta la Spagna, mica una persona sola. Ve lo vedete Napolitano o chi per lui che interviene a gamba tesa in un vertice internazionale per difendere Berlusconi o chi per lui? E se anche se ne uscisse dalla stanza, con lui non uscirebbe tutta l'Italia ma sempre una metà quando non un terzo o un quinto.

Giuliano Amato ha rivelato che le celebrazioni per il 150° anniversario dell'unificazione proseguiranno anche nel 2012, a riprova che in Italia perfino le date sono malleabili. Speriamo che il tempo porti consiglio e che festeggiando festeggiando ci si sovvenga di alcuni particolari dimenticati quest'anno:
- nel 1861 venne costituito il Regno d'Italia e, a parte quattro mazziniani, nessuno si sarebbe fatto trafiggere per costituire la Repubblica Italiana;
- a molti patrioti del XIX secolo premeva più l'indipendenza che l'unità della nazione, e nessuno di loro si sarebbe fatto trafiggere per mantenere insieme l'Italia, privarla di valuta propria e consegnarla una e indivisibile a un'entità sovranazionale che la governasse un po' da Strasburgo, un po' da Bruxelles e un po' da Francoforte.