martedì 10 gennaio 2012

La dura realtà dei numeri vale più di cento trattati socioreligiosi. Domenica scorsa ero a Messa a Gravina ed eravamo circa in cinquanta; nei giorni immediatamente precedenti in Somalia i soliti mussulmani avevano trucidato quarantaquattro cristiani per la sola colpa di essere cristiani. Se Gravina fosse stata in Nigeria, dell'intera messe di fedeli della domenica mattina ce la saremmo cavata in cinque o sei. Per fortuna una buona quindicina degli astanti non era composta da gravinesi ma da africani. Non c'è verso di sapere di dove vengano poiché il sacerdote continua da mesi a riferirsi loro come "i nostri amici africani" e loro, senza questionare l'amicizia, si sorbiscono un paio di chilometri a piedi per raggiungere la parrocchia, arrivano in anticipo, siedono ai primi banchi e cantano a cappella arrangiandosi alla bell'e meglio; in cambio ricevono la sintesi della predica nelle principali lingue coloniali. A fine Messa la benedizione però è in Inglese e noialtri ci adeguiamo perché in tutti i casi si risponde "Amen". Gravina non è in Nigeria e a fine Messa siamo usciti tutti sani e salvi ma magari c'è qualche speranza che dall'Africa venga qualcun altro a evangelizzarci.