giovedì 14 giugno 2012



Il diario intimo dell'Europeo
Domenica 10 giugno

h 18 Spagna-Italia a Milano
Mia madre mi critica perché vado al cinema da solo, al teatro pure, e talvolta perfino al fiume a prendere un po’ di fresco. Io ribatto che è la maniera migliore per organizzarsi, visto che tendo a trovare un rapido accordo con me stesso mentre non altrettanto capita in condizioni differenti. Per fugare ogni dubbio, mi sono concesso l’onere inverso della prova e ho accettato di guardare la partita co un paio di amici a seguito di invito piuttosto improvvisato, o quanto meno vago. Ad aggravare le cose, uno di loro era una donna quindi non aveva dato per scontato che incontrarsi intorno all’orario della partita implicasse guardarla. L’appuntamento è da lei e si dipana così: mezz’ora prima della partita le viene illustrata la nostra intenzione di guardarla, quindi lei dice di preferire una passeggiata, allora noi le offriamo di fare una passeggiata fino al posto in cui avremmo guardato la partita, se non che lei ribatte a sorpresa proponendoci di guardarla a casa sua, noi però siamo dei galantuomini e ci siamo impegnati a fare la passeggiata quindi non potremmo mai accettare la sua proposta che per noi è pure la più vantaggiosa (sagacia delle donne); insistiamo cavallerescamente per la passeggiata ma con una certa solerzia poiché il tempo stringe, altrettanto cavallerescamente lei insiste per restare in casa, molto meno cavallerescamente la costringiamo a togliersi la tutina e a vestirsi per la passeggiata, usciamo quando mancano dieci minuti scarsi al fischio d’inizio, andiamo al primo bar ed è chiuso, andiamo al secondo ed è parimenti chiuso, inoltre quando siamo arrivati a un punto abbastanza distante da casa sua da non consentire di tornarci senza perdere l’inizio della partita inizia immancabilmente a piovere, lei sostiene che voleva guardare la partita, noi che volevamo fare la passeggiata, dopo di che prendo in mano la situazione e decido unilateralmente che invece di continuare a girare in tondo per tutta Zara ci conviene entrare nel primo bar che troviamo aperto altrimenti compio una strage e poi invoco tutte le attenuanti del caso. Esso risulta essere un bar gestito da cinesi i cui avventori sono così ripartiti: noialtri; un ragazzo peruviano che tifa con eccessiva foga per l’Italia assieme a un papà peruviano che altamente se ne frega; un signore che orna la propria sessantina con una camicia a fiori tanto allegra quanto terrea è la sua espressione, che non è variata nemmeno quando di fianco a lui una coppietta ha tentato arditamente di riprodursi sulla sedia in un tripudio di patatine volanti; detta coppietta; uno schifoso che per merenda ha bevuto quattro birre e mangiato due toast, forse tre; una famigliola con mamma tatuata e figlie pure che a un dato punto si mette a giocare a scala quaranta. Subito si abbatte su di loro la barista, convinta che stiano giocando d’azzardo, che li persuade a smettere: ormai siamo in piena follia giustizialista, e quando negli spogliatoi Napolitano s’è abbracciato Buffon poco c’è mancato che non lo arrestassero per direttissima per concorso esterno in tabaccheria estrema.

h 20:45 Eire-Croazia a Pavia
Ogni volta che vedo il figlio di Savio, o anche solo ci penso, mi assale la voglia irrefrenabile di fare un bambino con la prima che passa, e questo potrebbe condurmi in galera. In compenso domenica ho pranzato in famiglia con sei bambini di età compresa fra i sette e i tre anni (ero l’unico scompagnato) e inaspettatamente codesto desiderio s’è liquefatto: nel mio futuro non vedo più il sole a scacchi. A ciò si aggiunga che s’è verificato un lieve errore di calcolo riguardo al dessert: mia cugina aveva deciso di fare un bel tiramisù per sedici persone, perché tanti eravamo; mia zia intanto, non volendo oberare d’incombenze sua figlia, aveva preparato in gran segreto un tiramisù per sedici persone, e siamo a trentadue; mentre mio zio era passato davanti al proprio gelataio preferito, nella cui stracciatella si rinvengono pezzi di cioccolato che sono un’arma impropria, e aveva preso una vaschetta variegata per sedici, e siamo a quarantotto. Io al mattino avevo perlustrato Pavia alla ricerca di un omaggio per non presentarmi con le mani in mano: stanco dei soliti giocattolini per i bimbi, delle banali bottiglie di Sangue di Giuda, peggio ancora dei libri che fanno rimpiangere l’analfabetismo, avevo optato per una bella torta tipica, la Pavesa. Essa consta di un’armatura in pastafrolla dentro la quale giace un corpo di pasta di mandorla impreziosita qua e là con uvetta, mentre su tutto cala una coltre di cioccolato fondente così che per tagliarlo ci vuole la scimitarra. Serve dieci persone, e siamo a cinquantotto, ma per non far vedere che pensavo solamente agli adulti avevo arrotondato con un vassoietto di paste piuttosto grosse, dodici in tutto: e siamo a settanta. Questo spiega perché alla sera mi sento un po’ pieno e decido di guardare Eire-Croazia in piedi nel gabbiotto del portinaio, per far defluire il tutto di fronte al televisore portatile, ma vedendo il raddoppio dei croati, su palo di un attaccante ribadito in rete da un colpo di testa dello sbadato portiere irlandese, non mi trattengo e chiedo al portinaio: “Senti, non è che ti va una mezza pizza margherita con un filo filo d’olio e origano sparso? Sarà tutto questo sport che mi fa venire fame”.