giovedì 21 giugno 2012



Il diario intimo dell'Europeo
Sabato 16 giugno

h 20:45 Repubblica Ceca-Polonia e Grecia-Russia a Caldonazzo
Girellando fra le bancarelle del caseificio, dismesso e riattato, di Caldonazzo scopro che Claudio Gavioli ha pubblicato un nuovo romanzo (Gavioli è lì ma, modesto, non ha ritenuto opportuno rivelarlo) che s’intitola L’uomo solitario. La copertina è convincente – l’insegna di un dubbio fast food – però c’è qualcosa che mi sembra mancare dal titolo. L’aggettivo “solitario” mi è sempre parso un termine troppo banale, compiacente forse, per illustrare la solitudine; mi ricorda anche i giochi di carte con cui si ammazza il tempo e che secondo la vulgata di quel dì stabilivano se l’esecutore dovesse sposarsi o meno. Meglio sarebbe esprimere il concetto con un’azione icastica: uno dei versi più spaventosi della storia della musica non colta è l’attacco degli Iron Maiden in Fear of the Dark: “I am the man who walks alone”. Però in Inglese fa il suo effettaccio (potenza dei monosillabi) mentre in Italiano L’uomo che cammina da solo mi fa pensare a Portafoglio, un signore disgraziato che è il metronomo del centro storico di Gravina, e sono abbastanza sicuro che Gavioli non avesse intenzione di indurmi a tali associazioni. Forse L’uomo che vaga da solo? Non mi suona gran che anche perché vi colgo riferimenti a Melmoth the Wanderer, un romanzo di Charles Mathurin che ebbe l’indubbio merito di suggerire l’alias al vecchio e decaduto Oscar Wilde che, dopo la galera, si registrò in alcuni alberghi sotto il falso nome di Sebastien Melmoth; però siamo al tramonto del postmoderno quindi direi che è finita da un pezzo l’era della narrativa gotica. Non faccio in tempo a pensare a ulteriori alternative perché il trenino valsugano tocca Caldonazzo e i tre quarti d’ora di viaggio da Trento sono terminati: devo tornare in albergo, scrivere due cosette approfittando del tavolino sul balcone, comprare il quotidiano locale per inesausta curiosità del minimo, decidere come cenare e trovare un posto allegro per guardare la partita. I compagni di viaggio di Quasi Rete, coautori del libro ciclistico di cui sopra, sono ripartiti dopo pranzo tornando alle proprie case e famiglie; io, che al massimo mi aspetta il portinaio, ho deciso au contraire di trattenermi un’altra notte ancora suscitando scompiglio nell’alberghetto: “La faccio spostare subito in una matrimoniale”, argomenta il concierge a colazione, “così appena arriva sua moglie trova tutto pronto”. “Per favore, se arriva mi avvisi con un certo anticipo; non vorrei che risultasse troppo sorprendente”. Benissimo; risolto l’equivoco e congedati i partenti, sotto il contenuto sole del primo pomeriggio ho deciso di andare a Trento, che è una bellissima città, a prendere un caffè con l’ex fidanzata di cui sopra: mi sembrava maleducato arrivare così vicino e poi voltarmi indietro. Si rinnova il miracolo di Affi: nonostante che le mie visite in loco fossero piuttosto rade (una), appena arrivato alla stazione prendo la strada per il centro con una sicurezza tanto sorprendente quanto inutile visto che la signorina mi avverte che sta raggiungendo la stazione da tutt’altra strada. Rinculo e, sul treno di ritorno, oltre che al romanzo di Gavioli penso che siamo proprio persone ben civili se dopo, che so, tre o quattro anni ci siamo presi un caffè con cordiale imperturbabilità che potrei definire britannica, se non conoscessi davvero i britannici; e che almeno dalla mia metà questa imperturbabilità è sintomo non di compiuta educazione (un dito nel naso non si nega a nessuno) bensì di ingresso nell’età in cui i rimpianti per le cose che si potevano fare meglio cominciano a sovrastare le aspettative di saper farle effettivamente meglio in seguito (me l’ha detto perfino Moser): è, credo, una mera legge fisica connessa all’andare del tempo, così come una sfera posta su un piano inclinato rotola giù o una coppa grande un tanto non può contenere più liquido della sua capienza, e ciò che si continua a versare va sprecato. Pazienza: mi consolo con una pizza asiago e pere che non aiuterà la mia lotta alla dissenteria però almeno è buona, se non che necessita a quanto emerge di una lunga preparazione durante la quale sono costretto a smanacciare parossisticamente sul cellulare per darmi un tono, mando addirittura due messaggi a mia madre e poi mi metto a cancellare sistematicamente molte altre mittenti e destinatarie, senza per questo ingannare lo sguardo scettico di comitive e coppiette (siedo esattamente in mezzo al dehors). Qualche tavolo più in là, un tedesco coi calzini bianchi legge un libro che però non è il romanzo di Gavioli e nemmeno lo splendido Anticipi, posticipi che Francesco Savio ha scritto a quattro mani con me e che vi consiglio senz’altro come passatempo, erudizione e cimelio. In Inghilterra, quando vivevo lì, bar e ristoranti erano pieni di fregni buffi soli al tavolo con un libro fra le mani o un computer (immancabilmente Apple) davanti: secondo me accade perché mangiare serve alla conservazione ma la conservazione dell’individuo che non si accoppia né si associa costituisce un danno per la società, di modo tale che coppiette e comitive si mettano a guardarlo di malocchio e lui cerchi di difendersi col libro, col portatile, col cellulare, per dimostrare che nonostante l’evidenza anche lui è capace di attività e interrelazione, per quanto di genere meno immediato rispetto ai suoi simili. Per fortuna la pizza arriva e interrompe tali elucubrazioni ma io, temerario, alla fine voglio ordinare anche il dessert e, al notare che improvvisamente tutte le coppie e le compagnie che mi circondano (il tedesco dal calzino se n’è andato prima di finire il libro) sospendono il loro pasto,  lasciano cadere patatine, cucchiaini, tazzine da caffè, bicchieri di cognac e si chiedono muti però espliciti “Ma come, sta da solo e pretende di mangiare pure il dolce?”, mi accorgo che se Gavioli avesse voluto conferire una portata davvero intimidatoria al titolo del suo nuovo romanzo avrebbe dovuto intitolarlo, né più né meno, L’uomo che mangia da solo. Decido che la partita torno a guardarla in camera.