mercoledì 13 giugno 2012


Il diario intimo dell'Europeo
Sabato 9 giugno

h 18 Olanda-Danimarca a Milano
Mi chiedo cosa sia successo a Vincenzo D’Amico se, nonostante lo spiegamento di forze profuso dalla Rai, non è riuscito ad arrivare a Charkiv in tempo per la telecronaca, lasciando il povero Gianni Bezzi in balia di sé stesso: privo dell’autorevole commento tecnico, il cronista s’ingarbuglia e chiama Danimarca l’Olanda e Olanda la Danimarca, confondendo i giocatori al punto da far effettivamente vincere i prevedibili sconfitti. Io, invece, da Pavia a Milano una comodità, ora che hanno allungato il passante S13: esco di camera alle quattro e mezza, cammino fino alla stazione, salgo nel primo treno che scorgo, scendo a Rogoredo, prendo la linea gialla fino a Duomo e poi la rossa in gran scioltezza così da trovarmi alle sei in punto seduto sulla poltrona di casa Savio, dopo essere sceso a una fermata che non posso rivelare per non consegnarlo al fatale abbraccio delle ammiratrici; è sposato, ha un figlio piccolo, lasciatelo perdere. Un tragitto geometrico e pulito come l’azione che porta al decisivo vantaggio danese, segnato dal noto gourmet Khron-Deli, al quale Gianni Bezzi non perdona l’assenza di D’Amico, insistendo fino a fine gara su un goal nato da un fortunoso rimpallo che ha visto, mi pare, solamente lui.

h 20:45 Germania-Portogallo a Rogoredo
Mi rendo conto di avere glissato su cosa sia il basso continuo che ho lasciato cadere incidentalmente nel corso della cronaca di come non vidi la partita di venerdì sera, in maniera tale da far supporre che io lo sapessi perfettamente. Macché. Da quello che ho dedotto ascoltando il concerto di Varzi mentre la Russia faceva alla Repubblica Ceca, in sedicesimo, ciò che l’Unione Sovietica aveva fatto in grande stile alla Cecoslovacchia, il basso continuo si è quattro o cinque musicisti che armeggiano su strumenti il cui suono si estende sulle zone basse del pentagramma mentre la melodia è affidata alla sola voce del soprano o del controtenore. Bon, ne deduco che da qui al primo luglio l’Europeo sarà il basso continuo dell’esistenza comune a tutti, sul quale ognuno di noi sarà libero di variare come meglio crede la propria melodia individuale, che resterà ancorata a schemi fissi benché, come avveniva nella musica barocca, intrinsecamente imprevedibili. Tanta poesia per significare che alla stazione di Rogoredo, mentre attendevo il treno del ritorno a tarda sera di fianco a una signorina che sulla panchina di ghisa si truccava in maniera sospetta, mi ero accorto di essermi dimenticato la partita serale, non avendo ancora interiorizzato il serrato ritmo che questi primi giorni ci impongono. Ecco tuttavia il basso continuo che riemerge: avevo sì accidentalmente dimenticato che c’era la partita ma una ben radicata parte della mia corteccia cerebrale non aveva dimenticato che gira e rigira, se ci fosse mai stata una partita da qualche parte del globo, con ogni verosimiglianza l’avrebbero vinta i tedeschi; e infatti.