giovedì 13 marzo 2014

Papa Francesco compie un anno di pontificato e io non ho voglia né tempo di scrivere cose nuove al riguardo, sia perché sono sopraffatto dalla fresca lettura di Questo Papa piace troppo di Giuliano Ferrara, Gnocchi & Palmaro (Piemme), sia perché pare che tutte le cose brillanti da dire nella circostanza le abbia esaurite Massimo Gramellini ieri su La Stampa, e chi sono io per imitarlo?

Mi limito dunque a rimestare nel torbido consigliando la rilettura del lungo articolo su Tempi in cui spiegavo perché il Papa ha scritto a Eugenio Scalfari e non, poniamo caso, a Tempi; dell'esortazione a salvare il Papa da Roberto Saviano, da Gianluigi Nuzzi, da Laura Boldrini e pure da Jorge Mario Bergoglio; dell'approfondita intervista a Giovanni Filoramo che sul Foglio faceva capire che differenza passa fra il Papa e San Francesco; infine della recensione al numero dell'Osservatore Romano uscito un anno fa, proprio la sera dell'elezione di Papa Francesco.

Siccome ho già visto che in giro c'è qualcuno che approfitta della ricorrenza per lasciarsi andare a rimpianti ingiustificati, ricopio per intero quello che dopo la visita di Bergoglio a Ratzinger mi era venuto spontaneo scrivere per tranquillizzarmi:

Due Papi, dunque, per noi non sono niente di traumatico. Così, mentre pondero sull’evenienza di promuovere mia madre a mamma emerita e prendermene una più giovane e vicina ai bisogni della gente, lei stessa mi fa notare che nessuno dei logorroici vaticanisti a sproposito ha tenuto presente che ciò che dicono e scrivono è direttamente fruibile da Ratzinger, e che questi sperticati elogi (sovente aprioristici) nei confronti del nuovo che avanza potrebbero ferirlo, suonando come altrettanti sospiri di sollievo per essersi disfatti di un Papa che non sapeva bene come si baciassero i bambini. La solitudine di Ratzinger a Castel Gandolfo è stata alleviata dalla visita di Papa Francesco, e sarò ingenuo ma credo che soprattutto a questo fossero volti il pranzo e la preghiera di ieri, più che al passaggio segreto di buste esplosive. Mentre osanniamo le novità, indubbiamente benvenute in Vaticano, ricordiamoci che a Castello c’è quest’uomo di ottantasei anni che un po’ passeggia col bastone e il piumino trapuntato, un po’ suona il pianoforte, un po’ accarezza i gatti, un po’ legge e scrive; e che sempre si ricorda delle parole dal Vangelo di Giovanni che nel 2005 vennero pronunziate alla sua Messa di incoronazione. Dice Gesù risorto a Pietro: “Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi”. Otto anni dopo Ratzinger sa che anche per lui che è stato Papa, quando il passo gli si farà incerto e la vista verrà meno, ci sarà sempre un Papa che lo prenderà per mano.