giovedì 10 aprile 2014

Fra secoli e secoli e secoli nulla magari resterà della nostra odierna società italiana se non una copia lacera di Creduli e credenti di Marco Ventura (Einaudi) che un qualche archeologo leggerà per scrupolo di erudizione. Ciò gli sarà sufficiente per farsi un’idea chiara del nostro tempo e più in particolare, come da sottotitolo del volume, del “declino di Stato e Chiesa come questione di fede” nei trent’anni che ci separano dall’accordo di Villa Madama fra Bettino Craxi e il cardinal Casaroli. Noi oggi non possiamo sapere quale religione professerà il futuro archeologo ma sappiamo già che non importa poiché, spiega Ventura, “ogni fede è diversa dall’altra e tutte le fedi si somigliano un po’”; ciò che conta è che “solo in parte esse colgono la realtà di una persona e di una comunità” per indagare le quali è sempre bene rifarsi al contesto generale. Eccovelo in tutta la lucidità con cui viene comunicato al futuro archeologo riguardo alle oscure interconnessioni che oggi malauguratamente ci sfuggono, accecati come siamo da contingenza e parzialità.

L’archeologo apprenderà anzitutto che l’accordo sottoscritto da Craxi e Casaroli il 18 febbraio 1984 sembrava il rinnovamento e l’aggiornamento dei Patti Lateranensi ma era in realtà l’annuncio di ciò che sarebbe accaduto nell’ottobre dello stesso anno, quando i pretori disposero l’oscuramento dei ripetitori delle tv di Berlusconi. L’intervento di Craxi fu duplice: se da un lato gli italiani dovevano essere liberi di scegliere a chi destinare l’otto per mille, dall’altro doveva essere garantita loro “libertà di telecomando” (c’è scritto davvero, a pagina 6). A partire da quel momento avvennero svolte epocali. Anzitutto “nei trent’anni che sono passati da allora la Chiesa ha scelto il credere contro il non credere”; non credere che, con ogni evidenza, era stato scelto nei diciannove secoli precedenti. 

Inoltre a partire da quel momento “l’Italia e la Chiesa di Roma sono venute giù insieme” come dimostra il fatto che, a pochi mesi dall’accordo di Villa Madama, “è nata la primogenita dell’unione fra Veronica Lario e Silvio Berlusconi al cui battesimo cattolico presenzia lo stesso Bettino Craxi” (c’è scritto davvero, a pagina 41). Si trattava di quello stesso Berlusconi che poi, non contento di aver fatto battezzare i figli, un quarto di secolo dopo fece scattare “l’offensiva” contro l’Unione Europea, rea di avere emesso una sentenza contro la presenza nei luoghi pubblici del crocifisso che, venne rivelato fra la sorpresa generale, “poteva essere interpretato come segno religioso”. Per questo Berlusconi siglò un patto scellerato con la Chiesa regalando a Benedetto XVI una croce pettorale, altamente simbolica; nella circostanza inoltre Berlusconi si dimostrò talmente diabolico da regalare il crocifisso anti-europeo a Ratzinger già nel 2008, un anno prima della sentenza della Corte Europea. Il fatto innegabile che quella regalata da Berlusconi a Ratzinger fosse diversa dalla croce pettorale indossata dal cardinal Martini segnava “l’alternativa drammatica tra il credulo e il credente” (c’è scritto davvero, a pagina 185); peggio, si configurava come “oltraggio al crocifisso” che veniva “regalato come si fa con un trofeo di vittoria e un pegno di alleanza” (c’è scritto davvero, alle pagine 223-224). La prossima volta, meglio un mazzo di fiori.

Il nostro errore di contemporanei è di considerare le cose per quelle che sembrano, trascurandone la portata metaforica che emergerà chiaramente in un futuro indefinito. Ad esempio, noi siamo convinti che parlando di “ingravescente aetate” Benedetto XVI si riferisse al proprio vigore personale quando invece si riferiva chiaramente “al vigore della Chiesa, al declino di questa al cospetto del mondo di oggi”. Se non capiamo tutto subito è perché in Italia è in atto una guerra religiosa fra la voce credula – la quale “autorizza il commercio della fede. Invita alla manipolazione. Ci rende indulgenti verso la nostra incoerenza. Ci fa sentire potenti, perché al contempo puri e cinici” – e la voce del credente che “non ha paura di dubitare. Sa che la storia è più grande di lui, ma sa anche che nella storia c’è un posto per lui. Una responsabilità per lui”; e che soprattutto “non ama i buchi di memoria in cui cadono le cose scomode”.

Una delle cose storiche che Ventura tira fuori dai buchi di memoria è l’identificazione mistica fra Berlusconi e Ratzinger, “profeti osannati e incompresi, destinati a incarnare l’anima dei loro popoli anche quando le cronache li avevano dimenticati”. Il parallelismo è evidente: erano entrambi credenti, entrambi cattolici, e “implacabili nel caricaturare il nemico” che fosse marxista o protestante o comunista o giudice (c’è scritto davvero, a pagina 57). E quale miglior prova di ciò del fatto che Benedetto XVI celebrò la memoria del Concordato del 1929 stando “attento a non lasciarsi sfuggire la parola ‘fascismo’”? E che appunto, evitando di nominare il fascismo, gli si mostrò grato? C’è scritto davvero, a pagina 51, anche se leggendo il nudo testo del discorso non si capisce bene come fece: forse nella circostanza il Papa si profuse in occhiolini e smorfie degni del Pietro Ammicca di Gigi Proietti.

A partire dall’accordo del 1984 la “complicità fra Italia e Città del Vaticano” ebbe lo scopo di “impedire l’accertamento di fatti e responsabilità” e formare “il conflitto tra giudici e politica che divenne strutturale nell’Italia dei decenni successivi”. Fu nell’alveo di questa complicità che infatti “venne incubata la fede berlusconiana nei giudici comunisti e nell’attacco di questi alla libertà del popolo”, che trovò espressione nella “religione civile di Marcello Pera e Joseph Ratzinger che asserviva Dio agli interessi politici e economici dei retori della nazione cristiana”. Per questo, si presume, quello di Giovanni Paolo II fu un pontificato mentre quello di Benedetto XVI fu un regno (c’è scritto davvero, a pagina 138). Questa religione civile venne poi capillarmente insegnata nella scuola pubblica di Letizia Moratti secondo questi termini: Gesù “non era il Cristo. Non era il Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, nella Trinità. Non era il risorto. Per combattere la secolarizzazione e il relativismo, Gesù veniva secolarizzato e relativizzato. Era una figurina disarticolata e devitalizzata a uso della tattica credula”.

La tattica credula consiste in un approccio alla storia “che subordina tutto all’urgenza contingente e al posizionamento rispetto a essa di chi parla, che non inquieta l’osservatore con una verità a lui esterna, ma gli somministra il tranquillante di un’ortodossia, e che di conseguenza appiattisce l’altimetria degli individui, rimuove la sostanza dei conflitti e edulcora l’amaro lutto di generazioni”. Marco Ventura se ne guarda bene, come dimostra la ricostruzione dello scandalo dei referendum. Sentite qui. Nel febbraio 1991 Craxi invitò gli italiani ad andare al mare anziché votare al referendum sulla legge elettorale. Perse e poche settimane dopo Giovanni Paolo II nominò Camillo Ruini a capo della Conferenza Episcopale Italiana; e solo quattordici anni più tardi quello stesso Ruini invitò gli italiani a non votare al referendum sulla fecondazione assistita del 2005. Il cerchio si chiudeva: Ruini “era divenuto presidente dei vescovi italiani quando gli italiani preferivano le urne al mare, il maggioritario al proporzionale, quando implodeva il cattolicesimo politico democristiano. Ora conduceva gli italiani a votare non votando” (c’è scritto davvero, a pagina 88). Pesava inoltre l’aggravante che “la fede di Camillo Ruini è non solo speranza ma certezza, realtà”; insomma questo cardinale credeva davvero a tutta la storia della creazione, del peccato originale, dell’incarnazione e magari anche della risurrezione. Era un credulo. Se fosse invece stato un buon credente avrebbe piuttosto riso e applaudito al monologo che Roberto Benigni, ospite di Fabio Fazio e Roberto Saviano nel novembre 2010, tenne in tv sull’allora freschissimo caso che coinvolgeva Ruby Rubacuori (c’è scritto davvero e piuttosto diffusamente, da pagina 115 a pagina 125) e “il battezzato Silvio Berlusconi”, un uomo che non solo aveva fatto battezzare i figli ma s’era perfino fatto battezzare nella più tenera infanzia, e che chiamato così sembra un po’ il “cittadino Luigi Capeto” convocato alla ghigliottina.

Questo è niente. Pensate che nel 2010 il cardinal Bagnasco sostenne in un pubblico discorso che “i credenti in Cristo continueranno a sentirci tra i soci fondatori di questo Paese oggi come nel 1980, nella fase più acuta del terrorismo”. Prima che arrivasse Ventura nessuno aveva notato che “proprio nel 1980, i cattolici celebrati da Angelo Bagnasco nel 2010 trovarono al cinema, nella prova di fede dell’eroe di ‘Guerre stellari’, Luke Skywalker, un’icona”. C’è scritto davvero, a pagina 68. Mentre tutti erano distratti dalle mosse diversive del primo pontefice polacco, il senso del cattolicesimo era tutto racchiuso nel dialogo fra Skywalker e il maestro Yoda mentre tentano di estrarre la navicella spaziale da un lago fangoso: “Luke è sbalordito: -Non posso crederci!- -Ecco perché hai fallito, ribatte il maestro jedi”.

Ed è forse solo un caso che, solo due mesi prima dell’aprile 1989 in cui fu formalizzato l’accordo sull’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, Raffaele Riefoli in arte Raf cantasse sul palco di Sanremo “Cosa resterà degli anni ’80”? C’è scritto davvero, a pagina 73. E non è evidente che “Thatcher, Reagan e Ratzinger si incontravano in una difesa della fede che usava la società al contempo invitava l’individuo alla riscossa, venerando spiriti divini e economici più forti di ogni massa”? E non balza all’occhio che Berlusconi vinse le elezioni proprio dieci anni dopo il “Rapporto sulla fede” di Ratzinger e Vittorio Messori? C’è scritto davvero, a pagina 79. E non è significativo che la tv pubblica mandò in onda “L’Isola dei Famosi” fra il 2003 e il 2013, ovvero proprio quando “nell’Italia del baratro politico dei valori, del primato di una ‘rilevanza’ che ci isolava dal mondo, la compravendita di sesso e potere inquinò tanto la società italiana quanto la società ecclesiale”? C’è scritto davvero anche questo, a pagina 224.


Per fortuna c’è scritto anche che un uomo giunse a salvarci. Il futuro archeologo potrà consolarsi riguardo al nostro destino apprendendo che, significativamente pochi mesi dopo l’accordo di Villa Madama, Roberto Baggio s’infortunò gravemente al ginocchio. Non se ne fece scoraggiare e a capodanno del 1988 si convertì al buddhismo. Quando l’Italia toccò il punto più basso del baratro politico dei valori – proprio un anno e mezzo dopo la caduta dell’ultimo governo Berlusconi e solo tre giorni dopo l’abdicazione di Benedetto XVI – Fabio Fazio (lo stesso del monologo di Benigni) lo invitò sul palco del Festival di Sanremo (lo stesso della canzone di Raf) e Baggio tenne un discorso che Ventura ci svela essere stato rivolto alla “generazione incredula”, ossia agli italiani nati dopo il fatale 1984 che ci ha portati al punto in cui siamo. Lì Baggio ricordò “gli incidenti alle ginocchia, il sacrificio necessario per convivere col dolore” e invitò “i giovani alla fede dei credenti”. C’è scritto davvero, a pagina 230, ma magari a questo punto non vi sentite più in dovere di andare a controllare.