venerdì 26 giugno 2015

Guareschiade, parte terza.

E se qualcuno sta pensando che sia facile raccontare storie semplici o far ridere la gente o essere uno scrittore popolare, sappia che c'è un racconto di Guareschi - Il sistema, s'intitola - che non solo inizia col marito che dice alla moglie "Minnì, ti odio" con una disinvoltura che se solo l'autore si fosse chiamato Giovannino Carver l'avrebbero sommerso di premi Mondello e corsi monografici di scrittura creativa; ma che anche, dopo cinque o sei pagine di dramma borghese portato con distacco al parossismo, s'interrompe all'improvviso e l'autore prende la parola dicendo:

La noia è la peste di questi giorni. Ed è sospesa nell'aria, questa noia che è la polvere delle macerie morali che intristiscono il mondo intero, il mondo sconfitto che va fatalmente avviandosi verso la catastrofe finale. Ciò può sembrare pessimismo ma è rigorosamente esatto perché, dopo migliaia e migliaia di guerre, siamo arrivati al punto che, mentre fino a un certo tempo fa dopo la guerra c'era il dopoguerra, adesso, appena finita una guerra colossale, siamo già nell'anteguerra. (...) Per salvarsi, bisogna che gli uomini distruggano tutte le diavolerie che hanno creato e prendano a calpestare coi piedi nudi la terra liberata e guardino verso l'alto perché, adesso, il cielo è vicino ma Dio è lontano. I Fioretti di San Francesco oggi sono diventati letteratura, materia d'esame nelle scuole, e questa è la rovina. La cultura e il progresso hanno ucciso la civiltà.

Questo per dimostrare non solo che quando vuole Guareschi sa ingranare la marcia e tenere un ritmo da prosatore affilato e profondo, che centomila pagine d'oggi non sarebbero in grado di riprodurre con altrettanto nitore, ma anche che questo piccolo racconto inosservato, essendo uscito su rivista il 25 giugno 1950, è con ogni evidenza stato scritto ieri.


[Ecco la prima parte ed ecco la seconda.]